Circa 4700 start-up innovative a Settembre 2015, in crescita del 10% sul trimestre precedente. Il dato nazionale (fornito dalle camere di commercio) fa sorgere una domanda: l’unico modo per lavorare in Italia oggi è davvero diventare imprenditore di se stesso? E se la risposta fosse sì, questo si traduce necessariamente nell’apertura di una azienda?
Oggi in Italia, secondo Confartigianato, ci sono 1.945.000 giovani (25-34 anni) che non lavorano.
Questo è il dato da cui partire: abbiamo aziende che dichiarano di cercare talenti, fanno la lista della spesa (giovane ma con esperienza, disponibile a muoversi ma residente a Milano, automunito/a ma che abiti vicino al posto di lavoro, ecc.) e ritengono che l’unico modo per intercettarli sia andare sul tal polo universitario, più rinomato di altri, “rubarli” ad un concorrente perché “per insegnare ad una persona un lavoro ci vuole troppo tempo” e… il tempo è denaro. Le storture che si creano in un sistema di questo tipo sono evidenti: forte mobilità di profili con esperienze ridotte, retribuzioni fuori mercato, tempi biblici per coprire una vacancy e intere aree del territorio nazionale che sfornano neolaureati incollocabili, a fronte di altre aree dove l’offerta di lavoro supera notevolmente il numero di candidati disponibili.
Qibit è nata nel 2015 all’interno dell’universo Gi Group con un intento preciso: creare valore nel mercato del lavoro del comparto ICT. Forti di un gruppo che ci mette a disposizione il suo know how a 360° nel settore delle risorse umane, abbiamo costruito quelle che oggi iniziano ad essere conosciute come Qibit Academy: iter formativi in ambito tecnologico, destinate a neolaureati e neodiplomati con le più diverse provenienze di studio e territoriali. Il nostro compito è quello di rispondere alle esigenze dei clienti, certo, ma anche quello di valorizzare le competenze che le nostre scuole e le nostre università producono, integrandole con contenuti ulteriori, al fine di ridurre il dismatch tra domanda e offerta di lavoro.
Succede così che un neolaureato in matematica che accendeva il pc solo per guardare YouTube o Facebook, oggi abbia delle competenze base per lo sviluppo in Java e che sia richiesto da molte aziende sul territorio nazionale oppure che un economista di Messina, dopo 3 settimane di corso in ambito applicativo, finisca a fare il consulente per una azienda di Bolzano… perché i ragazzi vogliono davvero lavorare.
Il valore per le aziende? L’ottenimento di una riduzione significativa del timing necessario al raggiungimento della produttività delle risorse, retribuzioni e forme contrattuali in linea con il mercato di profili con analoga seniority in altri settori e, soprattutto, un “vivaio” di futuri talenti.
Riteniamo che la prima risposta, oggi, non sia che tutti devono fare gli imprenditori in senso stretto.
Abbiamo sul territorio un numero elevato di PMI che hanno già un disperato bisogno di competenze “digitali”. Per questo crediamo che “imprenditore di se stesso” è anche (e soprattutto) colui che mette a fuoco quali sono le aree formative su cui investire oggi per il proprio futuro professionale, al fine di portare valore in una azienda che già c’è ma che non è al 100% al passo con i velocissimi cambiamenti che interessano il nostro tessuto imprenditoriale.
E siccome riteniamo che anche il concetto di “investimento” vada rivisto alla luce dell’emergenza di cui sopra, finanziamo i percorsi formativi in modo che sia le aziende che i candidati siano liberi di partecipare all’iter formativo che è maggiormente aderente alle ambizioni/necessità di ciascun interlocutore coinvolto.
Crediamo che questo sia l’inizio di un percorso, non certo un punto di arrivo, ma come inizio non c’è male:
abbiamo formato e avviato al lavoro 310 candidati su circa 80 aziende clienti in 8 mesi di attività.
L’obiettivo, come dicevamo, è quello di diventare leader nel settore ICT, generando valore per tutti gli stakeholder coinvolti. Siamo sulla buona strada?
Michele Fabbrini
Sales Account QiBit Academy